di Enzo Panareo
Renato Centonze esordisce a Fasano, nella sala Giovanni 23°, con una personale di pittura che va da oggi fino al 17 del corrente mese. Pittore che intuisce subito il ruolo che il colore deve giocare in rapporto alla tematica scelta, Centonze si muove con sicurezza attraverso tutta una serie di toni spenti, mediante i quali esprimere quel che l’uomo cinicamente ha potuto durante i nostri anni a danno della natura per i suoi ignobili profitti ed inqualificabili appetiti. Ne nasce una serie di desolanti impressioni dove una materia pittorica glabra e fredda s’incarica di esibire il paramento di quella pesante realtà che è la natura inanimata ed offesa nelle sue più genuine manifestazioni. Sono masse dai grigi arsicci che si succedono in contesti ai quali è venuta meno, sul piano pittorico, quella lucentezza che è tipica dei toni chiari. E sono figure in stato di abbandono cui più nulla resta di umano se non le delineazioni esterne, anch’esse ridotte all’essenziale cromatico, livido ed inanimato, che è della natura circostante. Un insieme, quindi, di desolazione che fa pensare, di conseguenza, ad un terreno vulcanico, lande abbandonate allo stupore amaro per un cataclisma passato senza nulla risparmiare.
Arduo, indubbiamente, il tema in quanto ad una ricchezza concettuale doveva necessariamente rispondere una limitata serie di elementi espressivi come limitata è la realtà fenomenica che ha fornito lo stimolo al pittore. Ma tutto è stato risolto con equilibrio, ed è qui il pregio, la serietà della proposta di Centonze, tradotta in una denuncia aperta, e nel suo ambito, efficace.
8 dicembre 1972, La Tribuna del Salento