Un archivio on-line per ricordare Centonze e la sua arte

di Carmelo Cipriani

Gli artisti non meritano la dimenticanza, alcuni più di altri. Eppure sono molti quelli che attendono nell’ombra il loro giusto riconoscimento, nella maggioranza dei casi post mortem.

Nel lungo elenco degli eclissati rientra anche Renato Centonze, artista leccese tra i più interessanti dell’ultimo ventennio del secolo scoros. L’oblio si è tuttavia concluso. A distanza di sette anni dalla scomparsa, Antonietta Fulvio dell’associazione Il Raggio Verde*, con la collaborazione della famiglia dell’artista, ha dato origine all’Archivio e all’eponimo sito online ufficiale (www.renatocentonze.it).

Nato a Cavallino nel 1946 Centonze inizia a dipingere negli anni Settanta. In quel periodo percorre la strada del figurativismo, inteso però non come riproduzione pedissequa ma interpretazione onirica della realtà, annullando la terza dimensione e operando prevalentemente con tonalità spente e colori terrosi. Nel corso del decennio successivo approda all’astrattismo procedendo sulla via di una sperimentazione segnica di matrice informale all’interno della quale definisce come ha efficacemente precisato Marina Pizzarelli, «spazi equivalenti in cui sono portate all’estrema decantazione le superfici vibratili del pointillisme». Una ricerca che in breve tempo lo conduce a composizioni oggettuali volte non solo a conquistare lo spazio ma anche a produrre suoni. Dopo il diploma presso l’Istituto d’Arte di Lecce completa la formazione all’Accademia di Belle Arti. Subito dopo avvia l’attività espositiva allestendo mostre, sia personali che collettive, e partecipando a svariati premi. Inizia ad esporre nel 1972 con opere connotate da impegno politico e influssi espressionisti. Negli anni Novanta nascono le sue pitto-sculture sonore, lavori che sfidano l’inviolabilità dell’opera d’arte e invitano il pubblico all’interazione. «Con esse – ha puntualizzato Lucio Galante, già docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università del Salento – è come se l’artista dicesse che l’arte può metterci sin sintonia con la natura, farci sentire il pulsare della vita attraverso i suoi suoni e i suoi colori». Nel 1990 avvia l’esperienza di gruppo del “Magico-crea(t)tivo” con Vittorio Balsebre, Rosamaria Francavilla, Roberto Buttazzo e Vito Mazzotta.

«Mite nell’aspetto, ribelle nello spirito, semplice e lineare nell’eloquio, anticonformista negli atteggiamenti, idealista e progressista per cultura e vocazione», come lo ricorda il gallerista Riccardo Leuzzi, che in più occasioni ne ha promosso la ricerca con personali nella sua Galleria L’Osanna di Nardò, Centonze si è spento nel 2010, ponendo la parola fine ad un percorso artistico quarantennale, passando progressivamente dalla figura delle pitto-sculture sonore e alle auto-geo-grafie. Un tracciato ancora foriero di opere e trovate. «Non è stato facile ordinare i materiali – spiega Antonietta Fulvio – ma sulla falsariga delle sue stesse suddivisioni e raggruppando per temi i cicli pittorici, ai quali lui stesso aveva dato un nome, abbiamo visto nascere le sezioni. La scelta, in un certo senso, è stata farci guidare da lui. Per Renato  il titolo era parte integrante dell’opera, spesso una vera e propria chiave di lettura. Ed ecco allora che rispettando il più possibile la cronologia abbiamo raggruppato in gallerie una selezione significativa, ma non esaustiva, della grande produzione artistica di Centonze che solo il tempo e la catalogazione in atto potrà rendere il più definitiva possibile». L’archiviazione è in fieri così come lo studio del grande corpus di opere, in gran parte ancora inedito. Un’attività encomiabile che fa sì che l’arte di Centonze viva e prosegua, come il fluire della vista, identificazione in cui lo stesso artista ha sempre creduto e agito.

 

Articolo pubblicato sul Nuovo Quotidiano di Puglia il 30 gennaio 2018

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