di Marina Pizzarelli
L’opera di Renato Centonze vive nel senso della dilatazione, della visione ravvicinata e monocromatica che si serve del foglio come di uno schermo. Qui, sul piano -supporto, è lo spazio geografico in cui siperdono l’occhio e la mano. Qui si agita, come in una fermentazione colorata, una pittura d’erranza, fatta di un tessuto mobile che ora si anima e danza, ora si cheta in una sorta di texture che rivela la trama e l’orfito dell’architettura cromatica.
Il supporto è un diaframma a contatto del quale il colore si espande come un’ombra variegata, delimitato dal gesto incalzante ma non affannoso dell’artista: non sono ammessi scatti, cesure, interruzioni. Il movimento del colore attraversa l’intera estensione del quadro, crea una composizione viva sensitiva respirante, ora in lampeggiare minuto, ora in traccia incorporea.
Attraverso un rincorrersi imprevedibile e tuttavia esatto di piccoli tasselli colorati, Centonze tiene lezioni di botanica e geologia di sogno. Ritrovata così la dimenticata natura, traccia paesaggi astratti, mappe impreviste di luoghi incontaminati e continenti alla deriva, cartografie intricanti e misteriose. Qui la natura non è descritta, ma suggerita nelle sue valenze di spazio, luce, colore, suono.
Scritture di colore, che richiamano la sensibilità degli artisti orientali, scandiscono il ritrmo di una partitura musicale immersa in un tempo destrutturato.
Una sorta di panteismo vegetale sembra percorrere erbari e vegetazioni in filigrana.
Tutto è passato al vaglio di un’emozione adulta, che filtra l’impeto emotivo in una dimensione di ordinata apparenza, di pensata introspezione, entro i limiti di una stesura articolata e dosata, mai urlata. La pittura diventa il luogo della traduzione in immagine di motivi sottili ed impalpabili, delle diverse temperature della sensibilità.
Ed in questi raffinati equilibri la materia trascorre in costellazioni senza peso.
Testo critico realizzato in occasione della mostra nell’ambito della Festa nazionale de L’Unità, Cavallino 20/24 maggio 1987, «L’ambiente e i beni culturali»