Il fluire della vita

E un corpo che è contiguo con un altro non si muove in quello, ma con quello, che tuttavia è da esso distinto…(Aristotele)

Renato Centonze, Ass. Cult. Raggio Verde, Lecce,1999-2000

di Angela Serafino

Qualche volta mi è capitato, riflettendo sul dipingere e sulla pittura, di immaginare questa, come un grande lancio di dadi, cadendo i quali lasciano al centro  e/o ai lati del dove dipingere scie spesse, sottili, corte o lunghissime. Tratti appena appena distinguibili o macchie ampie di forme plurime e colori tanti. Ricadendo i dadi più volte, danno forma alle ombre e ad intrecci nuovi.

In tale avvicendarsi di lanci di linee e di scambi di toni sembra possa poter venir fuori la pittura con tutti i suoi “soggetti”.

È una bella storia questa. È la storia del “caso” che si prende gioco della determinazione dell’assoluto, facendo così transitare nelle traiettorie del dipingere l’imprevedibile. Per quanto in parte veritiera questa storia, e “consumata” nell’arte, non si potrebbe comunque sostenere la sua  onnicomprensività, poiché nella pittura sono tanti altri gli elementi che coesistono.

Così guardando le opere di Renato Centonze, in un primo momento, sembrerebbe che si fosse ripetuta una storia fantastica, dove sciolta ogni riconducibilità oggettuale, rimane l’impronta di un gioco cromatico casuale. L’impatto visivo incita a lasciarsi coinvolgere in una grande festa di colori, di percorrere tattilmente le corde che vi sono al di dentro, di percuotere e sentire il suono. Avvicinandosi si è come richiamati dai piccoli segni che i pennelli si sono scambiati. Si percepiscono ancora, echi vivaci dell’infanzia e rimandi a quei giocattoli fragorosi e sgargianti. Alle forti e lunghe ore di luce estiva, durante le quali non c’è riparo dal colore.

Ma tutte queste “cose” sono parziali pur tanto belle, perché raccontano di un’immediatezza percettiva di memorie e fonomeni. Ma non bastano, non sono testimoni dell’intero processo del dipingere di Centonze.

Sono trascorsi un bel po’ di anni da quando osservo e guardo le sue opere e posso ora dire che nel suo lungo lavoro c’è una costante che semplicemente si chiama – Pittura-.

Per scrivere della quale, automaticamente mi ritornano in mente tutte le categorie squisitamente pittoriche (non mi riesce pur consapevole della continua mutazione della pittura, di andare oltre e cercare altri termini).

Se da sempre il dipinger investe e contempla la relazione tra fondo e superficie si può certamente notare come nelle opere esposte nella mostra dal titolo “Il fluire della vita” tale relazione sia presente.

L’opera non nasce dal caso, ma da lunghe e scrupolose preparazioni. È ciò che distingue l’immediatezza creativa, dal fare pittura. Il nucleo di tale processo è il recupero della luce attraverso la preparazione del privilegiato piano di fondo, dal quale prende vita la pittura stessa. Dell’informe fluire della vita (con tutti i suoi accidenti e incantamenti) c’è un ordine contiguo che non si risolve in superfice ma richiama, facendoli ricomparire, i colori dal fondo. Essi stessi guidano al movimento come fossero il medium per accedere a quell’equilibrio del moto dinamico. In questo “luogo”  della pittura dove si incontrano due soli colori alla volta, c’è poi spazio per tutti gli altri, come fosse solo un gioco di ibridazione tra i venti, i fiori e gli insetti che nella notte nessuno vede.

 

Leccesera, 18 dicembe 1999, pubblicato in occasione della mostra “Il fluire della vita” di Renato Centonze, presso la sede dell’Ass. Cult. Raggio Verde, (Lecce,18 dicembre 1999-2 gennaio 2000)

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