di Antonio Filograna
Di Renato Centonze sappiamo che avuto un’infanzia non facile. Trasferitosi a Torino alla tenera età di nove anni ha conosciuto la cruda e asettica realtà della grande metropoli industriale che portava alla spersonalizzazione dell’individuo. Quell’esperienza lo ha, senza dubbio, caratterizzato socialmente e il suo messaggio artistico ne è stato influenzato fortemente. Il suo è un linguaggio che si oppone alla cultura omologante, alla logica dell’apparenza, alla velocità delle mode, ricercando invece l’essenza delle cose e la più riposta umanità dell’uomo.
Nei suoi ricordi più intimi, il disegno di un orologio realizzato dalla cara madre su di un foglio di carta sembra abbia rappresentato la scintilla che gli ha illuminato la consapevolezza delle sue innate inclinazioni artistiche. Renato, negli anni, ha sempre operato nella convinzione e nell’imperativo della assoluta sacralità dell’arte, senza lasciarsi influenzare minimamente dal lato economico e venale della sua attività.
La sua è una pittura impegnata, una pittura in perpetua ricerca, quasi un tributo artistico e sociale contro il degrado dell’uomo e a salvaguardia della sua umanità e della sua stessa identità. Oggi le opere di Renato sono apprezzate e conosciute. La “sonorità” della sua pittura e lo stile particolare ed unico dei suoi capolavori rappresentano il segno positivo e tangibile di un percorso artistico costruito e maturato nel tempo e …nello spazio.
Dicembre 2009, Lequile e i suoi figli (d’arte) di A. Filograna