<<mite nell’aspetto, ribelle nello spirito, semplice e lineare nell’eloquio, anticonformista negli atteggiamenti, idealista e progressista per cultura e vocazione>>
Renato Centonze nasce a Cavallino, in provincia di Lecce, il 9 ottobre 1947. All’ età di due anni viene colpito da una forma di poliomielite. A nove anni viene ospitato a Torino, nel collegio della « Pro Juventute», dove continuerà la sua formazione scolastica. A 17 anni, preso il diploma in computisteria, fa ritorno a Cavallino , dove riceve l’ incarico di bibliotecario, che gli permetterà, tra l’ altro , di arricchire il suo bagaglio culturale.
Si iscrive e compie gli studi all’Istituto d’Arte e subito dopo all’Accademia di Belle Arti di Lecce.
Nel 1971 sposa Floris Quarta, sua compagna di vita, dalla cui unione nasce Marco.
Insegna Educazione artistica in più scuole della provincia di Lecce e a Cerignola (FG). Dal 1995 lavora presso il Provveditorato agli studi di Lecce nell’Urp. L’ infanzia non facile e l’esperienza, nella giovane età, della dura e spersonalizzante realtà della grande metropoli industriale costituisce l’ humus su cui ha formato la sua personalità, caratterizzata da una sentita attenzione verso l’individuo (e verso la società sofferente), influenzandone fortemente il messaggio artistico.
Per più di 30 anni svolge la sua attività artistica a Lequile. È nel suo studio che ama rifugiarsi per ore, per dare corpo alla sua creatività. È lì che ama rifugiarsi per leggere, ascoltare musica, studiare, pianificare le sue intuizioni, ricevere artisti, critici d’ arte, amici e compagni di strada; con tutti ama confrontarsi con spirito dialogante e inclusivo.
Uomo mite e dalla grande umanità, generoso e riflessivo, tenace e coerente. Rifugge dall’omologazione, dalla frenetica velocità delle mode, dalla logica dell’apparire ed è sempre alla ricerca dell’essenza delle cose, difensore ed esempio coerente della libertà intellettuale e dello spirito critico.
«…costruisce con gli altri relazioni molteplici e complesse, ognuna è unica e speciale ma tutte conducono a lui, alla sua anima…»
L’impegno civile e politico contro ogni forma di discriminazione e di ingiustizia contrassegna ed attraversa tutta la sua vita di cittadino e di artista. Il tema della difesa di una «ritrovata felicità nel rapporto con la natura» è da lui sentito davvero come una via di salvezza
Partecipa a rassegne di artisti democratici, come nel 1975 a Novoli e aderisce, nel 1984, all’appello di intellettuali e artisti salentini «…per la pace e la vita contro la guerra nucleare». Su questo tema, già nel ‘79, produce una cartella serigrafica intitolata «energie alternative». Negli anni ’70/’80, protagonista appassionato dei fermenti socio-politici del periodo, dà corpo al suo dissenso con opere come «crocefissione bianca», «morte sociale» e, nell’89, «Omaggio a Chico Mendes.
La «sacralità dell’Arte» è il suo imperativo categorico da cui si lascia guidare non scendendo mai a compromessi, né lasciandosi allettare dalle mode, dalle esigenze del mercato che, a suo dire, avrebbero svilito il suo operato artistico, mortificando la libertà dell’arte e la libertà nella ricerca. Queste le sue parole:
<<Il problema del mercato è forse l’ ultimo che si deve porre una persona che vuole dare qualcosa. Perché, nel momento in cui ci si pone nel mercato, si diventa appendice della produzione all’ interno di un anonimo scambio, cioè merce-compratore, e non più produzione artistica, libertà e ricerca di qualcosa che vada oltre, che sia una trasmissione intima di emozioni…… Tenendo d’occhio solo il mercato il rischio grosso è di fare delle cose che il mercato accetta, per cui ci si addentra in un marketing vero e proprio da cui l’artista, così come il pensatore, deve restare fuori.>>
In occasione della mostra Il vento accarezza l’erba, omaggio all’artista ad un anno esatto dalla sua scomparsa, così scriveva l’amico Antonio Filograna: «…Renato era un’anima inquieta, vestita della luce, della delicatezza e della sensibilità artistica in grado di insufflare, nei nostri cuori, delle emozioni vibranti e profonde con la sua proverbiale e caratteristica raffinatezza e cortesia dei modi che non invadeva mai, anzi, dialogava amabilmente con le sensibilità altrui. Era un uomo raffinato e colto, un artista sensibile ed eterogeneo, un amico sincero e diretto…qualità che rimarranno nei cuori di quanti hanno avuto la possibilità ed il piacere di conoscerlo.»
La mattina del 24 maggio 2010 decide di interrompere… «il fluire della(sua) vita».