Renato Centonze. “L’arte è il fluire della vita”

arteeluoghimarzo2017 primaDall’8 aprile on line
il sito ufficiale per ricordare l’artista e continuare
a divulgare le sue opere

di Antonietta Fulvio

«L’arte per me è il fluire della vita…è un mondo interno <-> esterno, che passa attraverso il pensiero, le mani, il suono, il segno, la forma, il colore. In questa frase è racchiusa la poetica e il credo artistico di Renato Centonze (1947-2010). Una sintesi perfetta del fulcro intorno cui ha fatto ruotare la sua esistenza di uomo e di artista.»
Ci sono persone che si ha la fortuna di incontrare e con le quali si riesce a percorrere un tratto di questa strada che è la vita. E l’arte, più che mai, diventa tramite, occasione, spesso, irripetibile come è accaduto con Renato e una sua mostra, organizzata nell’associazione che avevo contribuito a fondare con Giusy Petracca e Ambra Biscuso, uno spazio di aggregazione e di dialogo quando ancora non c’era facebook e le piazze non erano virtuali. Pensando a Renato Centonze mi viene in mente una scena, durante l’allestimento di quella sua mostra sul finire del 1998 quando invitava a toccare le sue opere, le pitto-sculture, scrigni di pensieri divenuti segno, colore materico, che al tatto restituivano suoni, le onde visive e sonore insieme attraversavano occhi e orecchi innescando una fruizione totale e ancora oggi, riguardandole, sembra quasi di risentire la sua voce e il suo invito a dialogare con esse. D’altronde non è forse anche questo il significato di quella sua frase affidata anni addietro al web?
Era lì, nella home page del suo sito che aveva voluto realizzare nel 2005 intuendo l’importanza di inserirsi nella grande rete e avere uno spazio artistico virtuale. Ne aveva seguito la costruzione, con la meticolosità con la quale archiviava ogni singolo evento espositivo di una carriera ultratrentennale vissuta nell’arte e per l’arte come testimoniamo i grandi libroni conservati nel suo archivio.
E da lì abbiamo voluto ripartire quando con la moglie Floris Quarta abbiamo deciso di inserire nuovamente in rete Renato, la sua arte, il suo pensiero.
L’intento – spiega la stessa Floris è  “continuare a divulgare ulteriormente l’opera di Renato Centonze perché ne resti viva la memoria e possa continuare ad offrire opportunità di studio e di ricerca a coloro che ne avvertissero l’interesse”. Non è stato facile ordinare i materiali, ma sulla falsariga delle sue stesse suddivisioni e raggruppando per temi i cicli pittorici, ai quali lui stesso aveva dato un nome, abbiamo visto nascere le sezioni. E la scelta è stata, in un certo senso, farci guidare da lui. Per Renato il titolo era parte integrante dell’opera, spesso una vera e propria chiave di lettura. Ed ecco allora che rispettando il più possibile la cronologia – anche se si sa gli artisti lavorano su più fronti contemporaneamente e per lungo tempo- abbiamo raggruppato in gallerie una selezione significativa, ma non esaustiva, della grande produzione artistica di Renato che solo il tempo e la catalogazione in atto potrà rendere il più definitiva possibile. Perché all’elencazione delle opere del vasto Archivio Centonze si dovranno aggiungere quelle di proprietà dei tantissimi collezionisti italiani e stranieri.
Ci è sembrato doveroso rintracciare il percorso espositivo, citando le tappe più significative, dalla prima personale tenuta a Fasano nel 1972 passando per Bruxelles, Barcellona, Parigi, New York, Nizza oltre alle principali città italiane fino all’ultima nel 2008 a Lecce, Auto-geo-grafie, curata da Angela Serafino cui si deve anche la prima retrospettiva nel 2011 a Lequile, ad un anno esatto dalla sua scomparsa. Così come è stato prioritario rintracciare e selezionare alcuni testi critici creando una interessante antologia critica che rende l’idea della sua evoluzione artistica. Navigando ne viene fuori un vero e proprio excursus per raccontare ripercorrendo la carriera espositiva anche l’idea di arte che sottende alle sue creazioni: opere che hanno ancora tanto da dire e che mostrano oggi più che mai la loro forza espressiva, il carattere innovativo e globale, il tema all’epoca forse “visionario” del rapporto uomo natura fortemente indagato e raccontato per immagini da Renato. Lo storico d’arte Lucio Galante scriveva a riguardo «In questo senso la pittura di Centonze sembra nascere da un rinnovato sentimento pànico, nella convinzione che la natura fa sentire ancora la sua misteriosa forza vitale, e con la quale, soprattutto egli cerca una riconciliazione». E per declinare il suo linguaggio l’artista sperimentava e si apriva all’utilizzo di nuovi materiali, passando dalla carta e cartoncino alla tela, al legno, per non parlare di quegli elementi – corde di chitarra, trucioli di legno, rullantini, sagome, pezzi di vetro, pelle di tamburo – inseriti nella composizione pittoscultorea.
Segno, forma, volume, spazio, colore, suono erano le coordinate della suo fare artistico scandito da un tempo volutamente lungo per la realizzazione. Dalla serigrafia alla pittoscultura l’artista riusciva a far dialogare e combinare tecniche e materiali in una cifra stilistica che ad oggi lo rende un artista unico, e che meriterebbe uno studio più approfondito e, soprattutto, di non essere dimenticato.
Questo nostro tempo sembra imporci una riflessione seria sul rispetto e i ritmi della natura e sul nostro errato modo di soggiogarli o ignorarli solo quando si verificano eventi naturali dalla forza devastante come possono esserlo i terremoti, le frane, le alluvioni, ebbene tutta la poetica di Centonze è orientata verso la ricerca di un’armonia del creato che è interna ed esterna. L’opera è creazione, pensiero e gesto imprescindibile dal concetto di vita, passione, libertà. Quella libertà operativa che lo porterà ad aderire al gruppo Magico Cre-a(t)tivo insieme a Vittorio Balsebre, Roberto Buttazzo, Rosamaria Francavilla, Vito Mazzotta nato dall’esigenza di comunicare e dialogare in modo costruttivo intorno alle problematiche dell’arte, della musica, della poesia, della filosofia per contrastare la disgregazione culturale e sociale del proprio territorio e che vedrà la realizzazione della mostra ÈP-Art nel convento dei Domenicani a Cavallino nel 1990. Significative sono alcune definizioni che egli dà all’essere ÈP-Art, in particolare scrive: Incontro di Luce in luoghi dove il frastuono crea muri di gomma incolore | Luce di suoni colorati che danno dimensione allo stupore.
«E le pitture sonore di Renato Centonze tentano di aprire un varco di silenzio, suggerendo suoni inediti, percorsi sonori alternativi al frastuono della contemporaneità.»- scriveva Rina Durante a proposito delle opere nella mostra Èp-Art. Opere multisensoriali che esaltano la bellezza della natura colta nelle atmosfere di luci, colori, suoni invitando il fruitore ad un dialogo serrato con l’opera. «La scommessa di Centonze – scriveva Marina Pizzarelli nel 1996 per Progetto Arte- è nel riuscire a farci ascoltare il “suono interiore” della natura, senza violarla, attraverso la contemplazione e la meditazione, come suggerisce il pensiero orientale – il Tao, lo Zen – che annulla il confine tra microcosmo e macrocosmo, dentro e fuori, lasciando che l’energia della natura fluisca e tutto pervada. Ma la vera avventura è nell’essere presi dalla pittura “dentro” la pittura, in un turbinio di filtrate sensazioni paniche che il blu (del mare), il verde (dell’erba), il giallo (della luce solare), assolutizzano e immensificano, nella suggestione della percezione di memoria della natura».
Una significativa carellata di opere, raggruppate seguendo la cronologia e i cicli pittorici, intende fornire agli internauti e a tutti gli appassionati d’arte un approccio, certamente non esaustivo, alla complessa produzione artistica di Renato Centonze.
Dalla fase iniziale del figurativismo, vagamente espressionista, degli anni ‘70, ai Cieli musicali, Talismani, Totem, Le vie del suono, Scrigni natura, Pittosculture sonore, valigia dei suoni verticali fino alle auto-geo-grafie: è possibile valutare come egli passasse con estrema disinvoltura e fluidità da soluzioni puramente pittoriche a soluzioni pittoriche, plastiche e scultoree, sperimentando supporti e materiali diversi restando però coerente nello stile e nel tema di fondo che era imprescindibile dalla scoperta della bellezza della natura e dal desiderio di stabilire un contatto diretto con essa: l’unico talismano capace della magia più grande quella della creazione. Della vita racchiusa anche in un solo filo d’erba, in una goccia di rugiada tra le nuvole del cielo o nelle onde del mare. All’artista il compito di caricare l’opera di energia che come in una sorta di fiume sotterraneo fluisce e raggiunge chi è in grado di percepirla. L’arte per lui diventava scambio e sottile sintonia con il mondo attraverso le vibrazioni dei suoni e dei colori che diventavano segni e significanti e per dirla con le sue parole «il fluire della vita».

Arte e Luoghi, marzo 2017

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