La pittura come flusso vitale: omaggio a RENATO CENTONZE

di  Milena Guarascio

In diverse occasioni mi sono soffermata a pensare su come Lequile sia sempre stata, nei secoli e ancora oggi, un terra molto fertile. Da essa, infatti, hanno tratto linfa molti personaggi illustri, che qui sono nati o cresciuti, soprattutto in ambito culturale. Basti pensare agli architetti, ai maestri scalpellini, ai musicisti, ai poeti, ai pittori che hanno permesso di far conoscere questa piccola realtà locale in tutto il mondo, sia attraverso opere che hanno sfidato il tempo (penso alle numerose testimonianze architettoniche, scultoree e pittoriche del Cinquecento, Seicento e Settecento, ma anche a quelle rurali di epoche precedenti), sia contraddistinguendosi con la loro attività artistica in manifestazioni di ampio respiro nazionale ed internazionale, in tempi più recenti. Renato Centonze è sicuramente tra questi. Ho potuto conoscere Renato e la sua pittura quando ero piccolina. Il mio papà mi portava spesso e volentieri a visitare il suo studio ed io, ogni volta, rimanevo incantata da quel posto che consideravo magico, pieno di alchimie, intriso di profumi di colori ad olio e acrilici. Ero inoltre letteralmente catturata dalla forza dei colori che sembravano danzare sulle tele, ma anche colpita dal modo di fare gentile e garbato che questo signore ci riservava ogni volta. All’epoca, ovviamente, non avevo gli strumenti per decodificare quella pittura così particolare, ma la sua forza espressiva era tale da rimanere comunque impressa nella memoria per molto tempo.

E dalla memoria quelle primordiali percezioni emozionali sono riaffiorate ogni volta che ho avuto il piacere di ritrovarmi a cospetto delle sue opere. Come, ad esempio, tutte le volte che andavo in Università che, nella sede del Dipartimento dei Beni Culturali, ospitava alcuni suoi lavori. Ricordo in particolare le mie sessioni di esame, durante le quali, per smorzare la tensione dell’attesa, ero solita fermarmi a guardarli, perdendomi, almeno per un po’, nel ritmo quasi ipnotico delle sue pennellate. Già da allora riuscivo a recepire nelle sue opere, con maggiore profondità, quel “flusso” vitale che tanto caro era a Renato. O come, ancora, durante la sua personale di pittura nel Chiostro del Convento dei Francescani a Lequile, nel 2002. Ricordo che, alla serata di inaugurazione, a cui non volevo assolutamente mancare, arrivai tardissimo insieme ai miei genitori, direttamente da Bari, dove avevo preso parte ad una ex tempore. Ero tutta sporca di colore, stanchissima e non certo abbigliata per l’occasione e, fortemente imbarazzata, chiesi scusa a Renato per non essermi presentata in maniera dignitosa. Ma lui ci accolse con la sua solita affabilità e delicatezza, accompagnandoci ed illustrandoci con entusiasmo i suoi ultimi, vibranti, lavori. è stato proprio in quell’occasione che ho avuto modo di afferrare il senso pieno della sua pittura, il suo concepire l’Arte come un’urgenza, una necessità quasi vitale di far fluire quel mondo “interno- esterno”, che “attraverso il pensiero, le mani, il suono, il segno, la forma, il colore”, come ebbe a scrivere egli stesso in più occasioni, passava impetuoso per poi fermarsi sui poliedrici supporti che preparava con cura. I suoi “cieli musicali”, nelle loro infinite variazioni e modulazioni cromatiche, le sue pitto-sculture-sonore viste, toccate, ascoltate, sconvolgenti e coinvolgenti al contempo, ma anche i suoi “Talismani” e “Totem”, mi hanno portato con prepotenza “oltre” , o, per meglio rendere il concetto parafrasando Nino Rollo, mi hanno “rapita” e “fatto sognare”. L’ultima volta che ho incontrato Renato è stato durante delle elezioni. Ero con mio marito vicino al nostro seggio elettorale e ci fermammo a salutarlo. Le sue parole di commiato, che ricordo come se le sentissi adesso, furono: “Dobbiamo incontrarci qualche volta, per bere un caffè e per parlare di Arte e di cose belle”. La vita si sa, scompagina sempre i fogli del libro, e quella chiacchierata non abbiamo avuto più occasione di farla. Oggi, però, tengo onore alla mia promessa: eccomi qua, quindi, a parlare di Arte, di cose e di persone belle. Ciao Renato. Per chi volesse avvicinarsi alle opere di Renato Centonze, consiglio di visitare il sito www.renatocentonze.it , la cui riapertura è stata fortemente voluta dalla moglie Floris, affinchè si potesse continuare a divulgare la sua opera e ne restasse sempre vivo il ricordo. L’intero progetto è dedicato alla memoria del loro figlio Marco, prematuramente scomparso nel 2016.

 

Pubblicato su Primavera, periodico informativo di Lequile anno I • numero 2 • settembre 2019

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